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venerdì 9 febbraio 2018

Recensione: L'estate di Flora, Roberta Tamiso

Pensavate di esservi liberati di me? Eh no, magari fosse così semplice. Diciamo che mi sono presa una piccola vacanza dalla scrittura, ma torno con un libro che dovreste assolutamente leggere.
Flora è una ragazza tranquilla a cui basterebbe un'esistenza semplice, fatta di cose che ha ricevuto sempre con il contagocce quali affetto, stabilità e serenità. Vorrebbe attaccarsi a qualcuno senza che poi questo qualcuno si dissolva come le altre persone della sua vita. Alla morte della mamma lei e suo fratello Ivan sono inviati dal padre (che non c'è stato mai per loro) dalla zia Concetta, una donna cruda, chiusa, che preferisce stare da sola e passeranno un'estate che certamente non verrà mai dimenticata.
L'ambientazione marittima è descritta in modo pulito, senza digressioni eccessive. Il modo in cui il luogo viene raccontato fa sì che riusciamo a costruirci un'idea ben precisa di esso, di farcelo entrare nella pelle, di respirarlo.
L'isola non è semplicemente un'isola; è come se spesso fosse una vera e propria persona, come se si potesse sentire la sua anima, perché intrisa della propria storia e di quella di coloro che ci hanno vissuto. Trasmette una sensazione particolare, mi verrebbe quasi da pensare che i suoi abitanti in un certo qual modo le appartengano e si amalgamino con essa.
Il libro al livello di trama è sorprendente. Roberta Tamiso descrive cose e persone per strati, come se ci costringesse a spogliarle poco a poco spogliandoci anche noi dei preconcetti che ci eravamo costruiti. Insegna per prima cosa che la nostra idea del mondo non coincide affatto con il mondo stesso e possiamo trascorrere ore a pensare agli altri in un certo modo, ma ciò che davvero alberga nel loro cuore è decisamente diverso.  L'incomunicabilità tra i personaggi è palpabile ma non è semplicemente un ostacolo, bensì un'occasione per riflettere, per guardare ciò che accade da un'altra prospettiva. Infatti nonostante la timidezza di facciata, Flora è molto più testarda di quanto non sembri: la ragazza non si accontenta mai delle prime impressioni e si accorge al volo quando con qualcuno è il momento di scavare per tirar fuori ciò che le sta nascondendo. Non si fida del parere di Ivan, troppo frettoloso nell'etichettare la vita ma segue le sue vibrazioni, che la conducono spesso verso verità autentiche seppur talvolta molto dolorose. Flora non smette di levigare finché non ottiene la forma voluta, discreta ma insistente.

Quegli occhi neri erano come l'acqua. Flora non aveva mai imparato a nuotare per timore che l'oscurità, che non le permetteva di vedere il fondo, l'avrebbe potuta rapire, trascinandola nel mondo sommerso.
L'autrice è molto brava nel giocare con le sfumature, al punto tale da rendere accettabile anche ciò che si condannerebbe con una certa facilità. Ce ne rendiamo conto quando Narciso fa il suo ingresso nella storia e sovverte tutti i canoni rigidi di bene e male che ci siamo portati appresso per anni. Questo personaggio meravigliosamente bello sconvolge gli animi da subito, presentando insieme alla sua sfacciatisima bellezza, molte domande. Per prima cosa finiamo per chiederci se l'amore sia realmente ciò che abbiamo sempre immaginato, irrigiditi nei nostri schemi. S'instaura un gioco molto sottile, un equilibrio labile tra amore ed odio e personalmente sono rimasta molto stupita da come quest'altalena si conservasse perfettamente senza che qualcuno cadesse da sella.
Narciso è una persona dall'interpretazione difficile, ma c'è qualcosa in grado di definirlo realmente o è destinato a restare un quadro ben dipinto ma senza netti confini?
Concetta resterà incartata nel proprio ostile dolore per sempre o correrà il rischio di provare di nuovo qualcosa?
E Ivan e Flora? Lui avrà mai l'avventura e lei un luogo da chiamare finalmente casa?
Potrei continuare all'infinito, ma preferisco lasciarvi con delle domande a cui rispondere con la lettura di un libro davvero stupendo, sfaccettato e soprattutto imprevedibile. 

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