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martedì 2 maggio 2017

"13 Reasons Why". Come non morire.

La febbre da "Tredici" impazza ormai da tempo, non potevo perdermela per niente al mondo dato le tematiche importanti. Credo debbano vederla tutti, anche se purtroppo la visione non assicura l'automatica creazione nel cervello di un'area adibita alla sensibilità nei rapporti interpersonali.

Hannah Baker si suicida ma decide di non farlo in silenzio: ha lasciato dei nastri, delle musicassette registrate da lei in cui narra le ragioni per cui si è avvicinata passo passo al gesto estremo.
I protagonisti delle cassette nascondono molti segreti che lei porterà alla luce.
Saranno tutti pronti per la verità?
Clay Jensen riceve i nastri come gli altri protagonisti della vicenda. Il ragazzo lavorava con la giovane ed era suo compagno di classe, comincia ad ascoltare e ricostruire gradualmente l'intera storia, a parlare con gli altri, chiedere spiegazioni, ragioni. Non è l'unico a scavare e chiedersi il perché, se tutto quel dolore avesse potuto essere in qualche maniera risparmiabile. 
Hannah è una persona molto sensibile, percettiva e particolare, trovatasi a contatto con un mondo che spesso sminuisce ciò che sei, se senti più degli altri, se hai l'Inferno già dentro. Crescere è difficile per tutti, ma non tutti hanno la nonchalance di mettersi a nuotare in questa vasca di squali.
È difficile inquadrare i personaggi in base a un'ottica di buoni o cattivi. Salvo due o tre casi, emerge in maniera palese quanto ciascuno cerchi di restare a galla, di sopravvivere. Il problema è quando cercano di sopravvivere anche a dispetto degli altri, senza fermarsi mai a valutare le conseguenze delle proprie azioni. Ci sono gesti compiuti non necessariamente per cattiveria, ma di fatto poi vanno ad alimentare il male come trappole. Trappole che restano molto utili invece a chi vive come uno sciacallo, sfruttando la sofferenza altrui per alimentare la propria popolarità.
Sono pochi in realtà  gli individui effettivamente negativi, ma le loro opere, contornate da un'indifferenza di fondo, hanno effetti amplificati su chi le riceve e ne esce distrutto.
Complicate, dai percorsi tortuosi sono le esistenze di Jessica, Justin ed Alex, incastrati da interrogativi sottili: sono realmente vittime o carnefici?
Anche i personaggi inequivocabili generano perplessità: ciascuno commette i propri errori per scrivere questo dramma. L'innocenza è sempre impastata ad altro. Non riesco a parlarvi di eroi, o se ci sono hanno comunque perso la guerra.
I colpi di scena sono seminati lungo la strada, ma molti si concentrano verso le ultime puntate. Il senso di sospensione della narrazione lascia spazio alle riflessioni, che dovrebbero essere frequenti, dovrebbero essere tante e pesanti come macigni. 
"Tredici" è senza pietà. Non ci viene risparmiato nulla perché è troppo cruento o potrebbe impressionare terzi, è un aspetto che amo come non mai. Un aspetto che fa piangere, strappare i capelli, così sincero da far sanguinare gli occhi. Una storia resa in maniera cruda e priva di fronzoli, perché quel "why" finale si deve stampare in testa a tutti. Tutti devono ficcarsi quella domanda nel cervello e portarsela dentro, chiedersi se ne valesse la pena. Se ne vale davvero la pena quando qualcuno si uccide o si può anche intervenire prima.
La serie ha ricevuto lodi e critiche. Sensibilizzazione o istigazione al suicidio?
La verità è che nessuno si suicida dopo aver guardato una serie tv. Nessuno ne muore, non è "The Ring". Non è una manciata di puntate a sconvolgere radicalmente l'esistenza di un individuo; ci sono una serie di fattori a monte che troppo spesso e volentieri vengono ignorati. Diciamoci la verità: quante volte qualcuno vuole parlare e la risposta è sbrigativa, oppure gli si dice "un'altra volta, non c'è tempo"? Quante volte la mancanza di ascolto genera rampicanti putridi nell'anima delle persone e questi crescono, crescono, crescono, finché non è davvero troppo tardi e si grida al disastro?!
Mi auguro che dopo "Tredici" gli spettatori siano più attenti ai segnali, che cerchino di guardare le cose dalla giusta prospettiva e tendano una mano laddove ci sia il sospetto di depressione da parte di qualcuno. A volte basta così poco per salvare una vita. Ci sono persone che si salvano per un soffio. È una perdita per tutti quando quel soffio viene mancato, perché quello che adesso ignorate presto potrebbe distruggere anche voi.
Voglio porre un'ennesima obiezione a chi sconsiglia ai più sensibili di guardare la serie. Non dovrebbe alimentare la voglia di farla finita, dovrebbe insegnare a guardare e non comportarsi così. Non come lei.
Osservate. Osservate ciò che fa Hannah e agite diversamente. Se volete superare le crisi, stare meglio, sopravvivere, aggrappatevi a chi vi tende la mano. Il primo enorme, imperdonabile errore lo commette lei stessa, quando comincia a chiudersi e sente di non essere più recuperabile. Hannah si accorcia l'esistenza da sola ogni volta che qualcuno le propone un aiuto e reagisce diffidente e con rabbia, allontanando anche quello. Restate sempre calmi, non siate prevenuti. Tra le persone che state allontanando potrebbe esserci qualcuno in grado ancora di salvarvi.
Il suicidio vero è quando decidete voi stessi di non poter essere guariti da nessuno; fatelo decidere agli altri se siete dei casi disperati, apritevi con chi tiene a voi e fa i salti mortali per aiutarvi. Spesso chi vi vuole bene o meglio ancora, vi ama, ha molte più risposte per tranquillizzarvi di quante potreste trovarne cercando da soli nella vostra stanza a cui ormai avete spento la luce. 

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