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martedì 17 novembre 2015

"La notte dei generali". Quel poco che basta per alimentare la follia.

Oggi vi faccio viaggiare nel tempo. No, il film a cui alludo non è "Ritorno al futuro" ma un'interessante pellicola datata 1967, dalle tinte angoscianti, misteriose e, soprattutto naziste.
A parte la storia alquanto singolare per cui non credevo potesse prender vita una vicenda simile, salta all'occhio proprio perché, da bravo film di una volta, si regge praticamente sul carisma degli attori principali che vanno solo osservati con sguardo adorante, perché non c'è nulla da aggiungere davvero.
Una prostituta viene brutalmente uccisa e l'unico testimone dell'accaduto, da dov'è riuscito a nascondersi, del colpevole riesce solo a scorgere il pantalone di una divisa da generale.
Il caso viene immediatamente preso a cuore dal coraggioso e sfrontato maggiore Grau che, incurante dei rischi che corre, procede svelto ad indagare sui tre generali che, la notte dell'omicidio avevano utilizzato l'auto per motivi non di servizio.
Nel mirino ci sono il generale von Seidlitz-Gabler, il suo capo di stato maggiore, generale Kahlenberge, e il generale Tanz. Quest ultimo in particolare, si presenta in maniera inflessibile, crudele e anomala rispetto agli altri due. È privo di pietà e pur di stanare gli ebrei in ogni angolo della città è capace di raderla al suolo per i pochi a cui viene in mente di opporgli resistenza. 
E qui veniamo al binomio che talvolta diviene un trinomio, contando il caporale Hartmann. Tanz, pupillo di Hiltler viene costretto a prendersi un giorno, che poi diviene due giorni di licenza, perché alle sue spalle si sta tessendo un'artificiosa trama per creare l'attentato al Führer. Hartman è incaricato di accompagnarlo e finisce per svolgere un ruolo un po' di tuttofare nell'essere di compagnia al generale; il caporale tuttavia ha dovuto per ordini dall'alto, rinunciare al tempo che si era preso per stare insieme a Ulrike. La ragazza, figlia del generale von Seidlitz-Gabler, unica figura femminile di spicco in tutto il film salvo la madre con cui è eternamente in conflitto, non è in buoni rapporti con la stessa anche perché la vede benissimo sposata col generale Tanz, ma lei non vuole saperne e resta colpita da Hartman, tirando avanti una storia difficile con lui.

-maggiore Grau-
-generale Tanz-
Hartman tuttavia incontra difficoltà ben peggiori del coronamento del suo sogno d'amore. Qui prende corpo  l'intero film, come un cuore fermo che improvvisamente comincia a pulsare di una componente profondamente malata e vitale. Perché la struttura non è costruita su tecnicismi e giochetti da costringere a complessi calcoli e ragionamenti; l'anima della storia è deviata, pesantemente psicologica e contorta emozionalmente.
Durante le due ore emergono via via due caratteri sempre più impositivi: quello caparbio, testardo, in una certa maniera ottimista e coraggioso al limite dell'incoscienza di Grau; quello perverso seppur composto, irrecuperabile seppur all'apparenza ligio al dovere, violento e incasellato nella propria rigidità, del generale Tanz. Si ha la percezione di assistere a una profonda lotta tra fuoco e ghiaccio. Il primo crede profondamente nella giustizia e nel suo valore. La domanda che onestamente mi ha portata a fare è: "Con tutte quelle persone che vengono portate via e uccise senza pietà lontane da casa, dagli affetti, mandate a morire come cani... con questa poca umanità, che senso ha indagare sull'omicidio di una prostituta mentre intorno succede l'indicibile?" Non vi anticipo niente, perché lui la risposta la fornisce largamente e senza peli sulla lingua. Confesso che mi è rimasto davvero dentro per purezza e positività.
Il generale invece si presenta come un tipo molto inflessibile, per cui il dovere viene al primo posto e che non sgarra mai. Invece pian piano tira fuori i suoi scheletri nell'armadio; un armadio pieno di mostri che lo inghiottono di continuo e l'interpretazione di Peter O'Toole si rivela immensa. Da inchino. Man mano che lo si segue nel suo percorso ci trascina in un crescente disagio che si tramuta in un'ansia sempre più galoppante. Fino a che diventiamo indubbiamente pazzi anche noi. 


Vale tutto il film già solo la scena in cui visita una galleria che possiede dei quadri confiscati e si ritrova faccia a faccia con l' "Autoritratto" di Van Gogh. In un'atmosfera pesante e da magone, emerge un'interiorità sofferta, morbosa e capace di tutto. Nel preciso istante in cui incrocia gli occhi di Van Gogh, nel generale scatta qualcosa  di oscuro, un eccitazione disturbata, come se la sua follia si fosse compenetrata in quella del disperato artista. Come se finalmente si fosse sentito sedotto da quell'anima rovente, capito.
La mimica facciale è perfetta. Pur non scomponendosi, l'attore ci spalanca le porte del mondo malato del generale attraverso il dettaglio: dissemina il film di piccoli tic nervosi che diventano avvertimenti palesi. Come se sotto sotto il generale Tanz gridasse: "Statemi alla larga" e lo facesse chiudendo brutalmente l'occhio in un momento inadeguato, piegando di poco la bocca serrandola, irrigidendosi. Il linguaggio del corpo non manca affatto di dipingere le turbe psicologiche dell'uomo in maniera onesta e spietata. Perché si può fingere fino a un certo punto, ma poi emergono i mostri che si trattengono... e spalancano le fauci.
Colui che pagherà di più per questo vagabondare in una psiche fortemente compromessa, sarà il docile eppure fermo caporale Hartmann, che sperimenterà in prima persona  il viaggio sulle montagne russe del terrore e della follia.
Amo tutto ciò che non è scontato ed è drammaticamente complicato; vi consiglio d'immergervi nella visione così da uscirne deviati anche voi.

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