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mercoledì 23 settembre 2015

Oggi è nato il mio "secondogenito": Angolo Buio

Buonasera, anime!
Oriana Fallaci era solita pensare ai suoi libri come i suoi bambini... spero solo non mi prenda a calci per aver preso in adozione il termine. Non sarei degna nemmeno di citarla.
Virgoletto il termine secondogenito non tanto perché di bambino non si tratta, quanto per il semplice fatto che "Angolo Buio" è stato scritto per primo ma ho deciso di non pubblicarlo self, quindi lasciando che "Rosso Placebo" lo scavalcasse temporalmente. 
Mentre infatti "Rosso Placebo" ha fatto i suoi saluti al mondo il 14 gennaio 2014, "Angolo Buio" si è affacciato alla vita il 23 settembre 2015 anche se era pronto dal 2011.  La data di pubblicazione è una coincidenza molto curiosa e gradita, in quanto il numero 23 è importante nel e per il libro. Il 23 è stato emblematico di come dalle sconfitte si può ricominciare, di come la bellezza dell'essere umano è saper rinascere dalle proprie ceneri.
Forse è stato proprio il giorno in cui ho deciso che si poteva costruire lo stesso, anche se le cose non vanno sempre secondo i nostri piani. Non si può restare in eterno a piangere.
"Angolo Buio" è un frammento d'anima più grande, una sfida maggiore, più impegnativa. Elia ha una voce particolare, un urlo dentro che cerca di attirare l'attenzione. Eppure si sente inghiottito in una morsa che non gli dà pace, è costantemente destabilizzato dagli avvenimenti nel momento in cui la sua migliore amica Mary lo saluta, per sparire dalla provincia in cui sono cresciuti insieme. Ciò scatena innumerevoli dilemmi. In parte è come se si generassero sogni di serie A e di serie B: chi vive in provincia deve pensare in piccolo, ridimensionare le proprie aspirazioni per non essere schiacciato da esse; chi invece va all'estero, può desiderare il mondo anche se non è detto che l'otterrà.
Elia percepisce la piccola città come una trappola in cui i sogni non vivono. Ne sente il peso ogni giorno... ma soprattutto sente la mancanza di lei, con cui ha perso i contatti il giorno prima della sua partenza per l'America.
E Mary diventa la sua ossessione costante. Un pensiero così insistente che giunge ad assillarlo anche di notte e lo conduce ad una progressiva pazzia che lo porta a sfumare i contorni. A non avere l'esatta misura del mondo, dei suoi affetti.
L'abbandono ha il sopravvento su tutto in maniera inesorabile, dolorosa e accecante.
Una pugnalata in pieno cuore.
Sarebbe improprio definirlo un romanzo sull'assenza? 
Non lo so. Sono una "scrittrice" di quelle che fanno domande senza avere realmente le risposte.
Ma alla solitudine dell'anima non c'è risposta, se non quella dell'affetto costante dei nostri cari.


"A ripensarci, non poteva che nascermi il sorriso, ricordando dettagli così dolci dal retrogusto amaro.  
Era proprio il retrogusto, quel sentore di ricordi, che, facendosi largo nella mia nuova vita senza di lei, la stava via via distruggendo. A quel sentimento nei suoi confronti, molte forse troppe volte chiamato amicizia, non sapevo più dare un nome. Aveva perso il suo taglio netto per poi lasciarmi in testa solo una gran confusione. 
Prima avevo le mie certezze: Mary era sempre stata il mio conforto, l’abbraccio di una sorella, un sostegno, una delle tante cose che mi spingeva a credere che avevo ancora qualche motivo per sorridere la mattina, perché sapevo che con lei non sarei mai stato veramente solo. Lei era forza, quella che m'impediva di mollare in continuazione me stesso e la vita. Era un placido oceano in cui quando ero stanco di lottare mi lasciavo andare, fino a ritrovare le forze per affrontare l'esistenza. Mary da un'eternità era parte di me, un'abitudine, un'irreversibile dipendenza."


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