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mercoledì 30 settembre 2015

Le notti bianche, di Fëdor M. Dostoevskij - Recensione

*Voto: ♊ ♊ ♊ ♊ ♊

Gli incontri più belli si fanno sempre per caso. Forse è così riassumibile l'intera storia di questo libro e mia: del come ho letto tal libro. In questo periodo sono molto presa da "Insciallah" della Fallaci; il problema sostanziale è che si tratta di un tomo di sole 700 pagine e, dovendo fare un viaggio, necessitavo di una lettura più snella, ovvero che non mi avrebbe rotto una spalla a portarla dietro lanciandola in borsa.
Così "Le notti bianche" era lì che mi guardava da un pezzo, piccolo rannicchiato nella libreria insieme ai fratellini. Si vociferava fosse una narrazione straordinaria, ho deciso di darle una possibilità.
E per fortuna.
Avrei rimpianto per tutta la vita di essermi persa una storia del genere.
Credo proprio che diverrò un'improvvisa e accanita fan di Dostoevskij... vado subito a comprarmi una maglietta autografata.

Un sognatore, un uomo di cui -riguardo i dati anagrafici- si viene a conoscere solamente l'età -ventisei anni-, incontra, durante una delle sue passeggiate notturne, una ragazza. Nasten'ka sta piangendo appoggiata a una ringhiera, nei pressi del lungofiume; è inconsolabile, eppure lui prova l'impulso di avvicinarsi a lei, ma ella gli sfugge. Avrà modo dopo qualche minuto, di conquistare la sua fiducia proteggendola da un aggressore. I due avranno modo di aprirsi a vicenda, di fondere le loro risprettive solitudini: l'una fatta di fuga disperata dalla realtà, di angoli strani in cui rifugiarsi a sognare per soffrire meno le delusioni, l'essere veramente solo; l'altra composta di attese estenuanti da tritare il cuore, nella speranza del ritorno di un uomo che sembra non tornare mai.
Sia il sognatore che Nasten'ka saranno risucchiati dalla consapevolezza che i loro dolori, all'apparenza così opposti e privi di nesso logico tra loro, sono in realtà la stessa cosa. Hanno la stessa consistenza pesante di un macigno in gola, di un luogo spietato in cui ti senti sempre aggredito dai mostri e non trovi pace, né sonno, né sollievo.
Due solitudini così angoscianti, da risucchiare persino il senso stesso di distanza tra le due anime.
Quando il freddo che sentono è identico, poco importa quali sono i fattori che li hanno portati a cadere nello stesso buco nero che uccide; il solo modo che hanno per salvarsi è aiutarsi l'un l'altro.

Il sognatore è il traino della vicenda. Parla di sé in terza persona un po' per la vergogna della propria vita e un po' per timidezza. È un tipo strano, ma è proprio tutta la stranezza che si porta dietro a renderlo veramente degno di nota e d'attenzione. La maniera -se vogliamo- allucinata e originale in cui percepisce il mondo, in cui vede la città e attribuisce un'anima anche alle cose, ti getta fin da subito nel suo mondo costruito da una fitta trama di fantasia. Una fantasia così esplosiva, che riesce a conferire anche all'ambiente circostante un'anima forte. Dostoevskij da questo punto di vista è molto diretto e innesca un interesse vivo anche verso quattro palazzine; aspetto che ahimé non sono riuscita a riscontrare in Goete, abilissimo con le emozioni, ma pomposo e troppo minuzioso nell'evidenziare ogni minimo dettaglio, di un giardino che poi sarebbe servito marginalmente alla narrazione. Dostoevskij, tramite il sognatore ti ci fa parlare, con il luogo. Ti appassioni e vorresti viverlo, interagirci anche tu.
Anche i palazzi mi sono noti. Quando cammino, è come se ognuno di essi mi corresse incontro per la strada, mi guardasse da tutte le finestre e quasi dicesse: <<Salve; come va la salute? anch'io sto bene, grazie a Dio, e nel mese di maggio mi aggiungeranno un piano>>. Oppure: <<Come va la salute? domani cominceranno a restaurarmi>>. Oppure: <<Sono quasi andato a fuoco e che spavento!>>, ecc. Ho i miei preferiti, ho degli amici intimi; uno di loro ha intenzione di farsi curare da un architetto quest'estate. Passerò apposta ogni giorno, perché, Dio ci salvi!, non lo curino alla bell'e meglio.
Egli ha una percezione particolare. La condizione di non avere nessuna relazione duratura, nessun amico, gli ha permesso di sviluppare una sensibilità, un attaccamento a ciò che ha intorno tale che risente di ogni minimo cambiamento: se il signore che lui tutte le sere alle sette incontra nel solito angolo della città, a un  tratto non c'è più, ne soffre in maniera terribile pur non sapendo nemmeno chi è. Egli sente il respiro di San Pietroburgo, come se la città con tutti i suoi abitanti fossero un organismo da conoscere a fondo e a cui voler bene.

Qui veniamo al tema più ingombrante: la solitudine.

Allora, che tipo di persona siete? Su, cominciate dunque, raccontatemi la vostra storia>>.

<<La mia storia!>>, gridai io spaventato, <<la mia storia! Ma chi vi ha detto che ho una storia? Non ho una storia...>>.
<<E come avete vissuto se non avete una storia?>>, interruppe lei ridendo.
<<Assolutamente senza alcuna storia! Così, ho vissuto, come si dice da noi, per conto mio, cioè assolutamente da solo, -da solo, del tutto da solo, - capite cosa significa da solo?>>
Da subito avviene l'incontro di due personalità completamente diverse. Il sognatore è molto fantasioso, poliedrico, colto, vivace intellettualmente e in una certa maniera piuttosto artificioso e complesso. Nasten'ka è molto semplice. Lo scarto tra i due, quando parlano delle rispettive vite è evidente: quella del sognatore è basata principalmente non sul reale vissuto, ma su quello che è riuscito a costruire a forza di ragionamenti e sogni; lei invece vuotando il sacco gli presenta il conto di un'esistenza materica composta da avvenimenti tangibili, sensazioni vere che lui invece è riuscito a vivere solamente per astrazione. Uno nel suo mondo completamente fatto di castelli di carte, lei esasperata da una nonna cieca che la costringe a stare tutto il tempo attaccata a lei con una spilla da balia per controllarla, senza poter sperare tanto in un amore che ha promesso di tornare dopo un anno per sposarla, ma ancora non si è fatto vedere. Nasten'ka attende sulla panchina il suo uomo... e il sognatore nel contempo attende che la vita gli dia quache motivo vero per uscire dagli ambienti stretti in cui è solito rintanarsi per creare vite alternative.
Ciascuno getta in faccia all'altro un buio completamente differente... il miracolo vero è che questi due bui interagiscono tra loro, mangiandosi a vicenda. Lasciando quasi spazio a una flebile luce di speranza.
Il vuoto del sognatore e il vuoto di Nasten'ka arrivano a fondersi così tanto, che in pochissimo tempo nasce tra loro un legame forte e sentito da entrambe le parti.
Il sognatore fa pensieri strani, al punto tale che non si sente mai accettato... pensieri che, seppur nella sua semplicità, la ragazza capisce per via di una grande intelligenza emotiva. Come se con poche parole riuscissero a sedare le rispettive angosce almeno per un po', riuscendo a concedersi un minimo di pace. Una zona franca in cui smettere di difendersi e potersi riposare un attimo prima di riprendere a combattere contro i sogni che non si avverano. Contro il quotidiano che incombe minaccioso e soffoca ogni speranza e fantasia.
La storia è un dialogo continuo, incessante in cui i due non fanno altro che toccarsi l'anima. Un dialogo artificioso dal lato di lui, semplice dal lato di lei, ma intenso in ambedue i versi.
Tacqui pateticamente, dopo aver terminato le mie patetiche affermazioni. Ricordo che avevo una gran voglia di scoppiare in un riso forzato, perché sentivo già che si muoveva in me un diavoletto ostile, che la gola aveva già cominciato a stringermisi, il mento a tremare, e che sempre di più i miei occhi diventavano umidi... Mi aspettavo che Nasten'ka, la quale mi aveva ascoltato con i suoi occhietti intelligenti spalancati, si mettesse a ridere con la sua risata infantile, irrefrenabilmente allegra, e già mi ero pentito di essermi spinto tanto lontano, di aver raccontato invano ciò che già da tempo mi pesava sul cuore, a proposito di cui potevo parlare come un libro stampato, perché già da tempo avevo preparato la sentenza su me stesso, e ora non avevo potuto trattenermi dal leggerla, dal confessarmi, senza aspettarmi che mi comprendessero; ma, con mio grande stupore, ella tacque, esitando un po' mi strinse leggermente la mano e con una certa timorosa partecipazione chiese: <<Possibile che abbiate davvero vissuto così tutta la vostra vita?>>
Per un attimo entrambi i personaggi sono convinti di aver trovato il Paradiso; in un certo senso una relazione dove morire tra le braccia dell'altro diventa una forma d'amore, disinteressata e indispensabile. Una forma d'affetto forte che li lega intensamente, gli provoca una sorta di assuefazione.
Ma che tipo di amore è?  Lo stesso amore in nome del quale Nasten'ka attende il ritorno dell'amato da un anno, legata da  una promessa, ridendo, sospirando, disperandosi?
In questa storia che non sembra contenere eroi ma solo perdenti o meglio, caduti, anche l'happy ending è relativo. Cosa s'intende per lieto fine, dal momento in cui nell'attesa del principe azzurro il legame s'inspessisce e il fuoco nel cuore del sognatore comincia a bruciare per lei?
Non c'è lieto fine, in una storia che lascia comunque qualcuno deluso e infelice a leccarsi le ferite in un angolo.
È anticipato praticamente ovunque sul web, questo finale. Ma io non voglio spifferarvi se l'amato di Nasten'ka tornerà o meno. Non sarò io a dirigere la vostra immaginazione verso un binario prestabilito.
È una narrazione scorrevole, vivace, a carattere fortemente emotivo e proprio per questo l'ho amata.
Confesso che il tema onirico combinato alla confusione sentimentale è ricorrente anche nei miei scritti e probabilmente mi ci sono trovata in simbiosi fin da subito; non ho potuto fare a meno di restarne turbata, colpita.
Vi lascio con le parole del sognatore, profonde, incisive, dolorose per quanto disilluse e terrorizzate da uno spiraglio di vita vera.

Ora, mentre sto seduto accanto a voi e parlo con voi, mi fa quasi paura pensare al futuro, perché nel futuro c'è nuovamente solitudine, nuovamente quella vita stantia, inutile; e cosa potrò sognare, quando sono stato nella realtà tanto felice accanto a voi! Oh, siate benedetta, voi, cara ragazza, per non avermi respinto dalla prima volta, per il fatto che posso già dire di aver vissuto seppure due sere della mia vita!>>.






*NB: La simbologia utilizzata è così irrilevante, che ho deciso che ogni volta prenderò simboli a caso dal web. Sappiate ad ogni modo che il massimo è sempre 5.
Non mi piace dare un voto al libro, ma credo che chi cerca una recensione sul web comunque ne abbia bisogno. Quindi tagliamo la testa al toro e diamo al pubblico questa formalità.

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