Translate

venerdì 19 luglio 2013

Recensione - Cose che nessuno sa di Alessandro D'Avenia


Titolo: Cose che nessuno sa
AutoreAlessandro D'Avenia
EditoreMondadori
Pagine329
ISBN9788804609162
Prezzo19 €

Trama: 
Margherita è una ragazzina di quattordici anni che si appresta ad affacciarsi, tra mille dubbi e paure, al mondo del liceo. Tuttavia, si sente al sicuro finché suo padre, uomo forte e coraggioso resta al suo fianco e finché nonna Teresa continua a impastare le sue torte fatte d'amore e consigli. D'un tratto però, il fragile castello di carte delle sue sicurezze vacilla: il padre ha dei problemi con sua madre, pertanto se ne va di casa,  a Genova, abbandonando la ragazzina al suo dolore. Secernere gli strati per proteggere sé stessa, la perla, dal predatore, si fa sempre più faticoso con l'ingresso nel mondo della scuola. Tra la diffidente ostilità di alcune compagne e le incomprensioni, troverà però anche volti amici come Marta, che le insegnerà che esistono cose che nessuno sa, o come il prof. che grazie alla lettura dell'Odissea le regalerà Telemaco come guida, riferimento per sapere cosa fare. Come impedirà al puzzle della sua vita di sgretolarsi definitivamente e perderne i tasselli? Cosa vorrà da lei Giulio, quel ragazzo misterioso che, con lo sguardo di ghiaccio ha rapito una parte di lei?
Le domande più importanti dell'esistenza, hanno davvero le risposte o sono semplicemente Cose che nessuno sa?

Recensione:
Non era la prima volta che leggevo D'Avenia: ho avuto la fortuna di gustarmi anche Bianca come il latte, rossa come il sangue, trovandolo davvero un bel libro. Da qui, si snoda sempre il solito dilemma: il secondo lavoro sarà meglio o peggio del primo?! Superare la grandezza o perdere qualcosa lungo la strada?!
Ebbene, il verdetto è: il secondo figlio ha superato a pieni voti l'esame. Se il precedente era molto bello, questo è incomparabilmente sublime. Partendo dallo stile (colto a non finire in ambedue i casi: D'Avenia è pur sempre di un professore, non dimentichiamolo), c'è una crescita esponenziale, in quanto si utilizza un linguaggio più adulto. Bianca come il latte, rossa come il sangue è penalizzato dall'eccessiva semplicità, che è si funzionale alla focalizzazione in un protagonista sedicenne, ma va a scapito del lessico e delle sfumature. Invece qui è tutta un'altra storia. Non c'è più la semplificazione, seguita da una caduta nel drammatico all'ultimo momento che costringe alla fine ad uscire allo scoperto e usare le parole appropriate.  Parlando di Cose che nessuno sa, non lo si può definire esattamente un romanzo di crescita, o meglio non solo; è molto di più. Con un approccio più maturo, si affrontano il dolore con le sue  molteplici sfaccettature, la paura della una famiglia e delle sue responsabilità, l'intraprendere una ricerca più grande di noi al fine di creare un futuro migliore. 
Ci tengo a sottolineare un pregio molto importante di questo scrittore, che forse è dovuto molto più al genere di vita condotto, alle esperienze, ma questo non lo sapremo mai con certezza. Fatto sta, che a parer mio ha un dono particolare, speciale, che manca persino ad alcuni che hanno fatto la storia della letteratura. Ora ci arrivo, fatemi farneticare un po'. Ognuno, nello sporcare il foglio, butta giù quello che ha dentro e nel caso dei grandi meno fortunati, si sono ritrovati a riversare rivoli di sofferenza di un'esistenza stroppia, infelice, gettandoli lì senz'argini, inondando qualsiasi cosa, distruggendola, angosciandola. Una buona maggioranza, per questo motivo è sublime da un versante solo, come se non si ritrovasse mai ad esprimere la felicità, la completezza, il senso d'infinito delle cose. Come se fosse dotata d'infiniti vocaboli per analizzare, sezionare lo sfregio della vita, la distruzione, senza trovare mai la via per curare il proprio morbo, senza mai trovare un senso, dare un nome al proprio male di vivere. Ho visto spesso geni della scrittura esprimersi con la foga degli spettri; senza conferire mai un senso di speranza a nulla... e probabilmente non è colpa loro, se qualcosa li ha ridotti a dilaniarsi senza trovare le risposte. Alessandro D'Avenia, presenta invece l'invidiabile capacità di esprimere, approfondire con lo stesso impegno, profondità, sia gioia che dolore. Io in quelle pagine ci ho sentito l'infinito, la voglia di morire e rinascere più forte di prima, il formicolio del mondo che chiama, del futuro che ti cerca, da cui non puoi scappare ed è inutile avere paura... o meglio, è normale. 
Una vita che non attraversa la paura non esiste, è una maschera, è finta.
Mi è capitato raramente, di trovare in un  libro così tanta trascendenza, spiritualità tra una riga e l'altra, in cui ogni conflitto lotta per risolversi da solo e poi si dissolve. Dopo una tempesta dalla portata epica, tutto si salva grazie alla pace. Dopo una lettura del genere, in cui accadono a catena avvenimenti uno peggiore dell'altro sottolineati dallo strazio viscerale, sentito della negatività, si assiste a un completo rovescio della bilancia: una piena, inaffondabile luce. Trovo tutto ciò indice di una personalità bilanciata, in cui sono rimaste le tracce, solo i solchi delle ferite passate e che ha trovato una propria dimensione. Una persona che riesce a vivere per intero, sentire il respiro dell'universo e trasmetterlo al lettore, come un regalo per tenerlo per mano.
Ricorrono a non finire citazioni dell'Odissea e di altri libri, per non parlare di quelle musicali specialmente  a De André (al quale viene fatto un tributo più che esplicito), che non mancano mai; ridondanze ovviamente gradite, anzi, rendono speciale, unica la storia. Zone cittadine e paesaggi vengono descritte fino a piantarti i brividi e di quelle caratterizzazioni, di quegli scorci, riesci a sentire soprattutto l'odore del tipo di vita che vi si conduceva. Come se le immagini fossero intrise di odori e situazioni.
Ciò che ho apprezzato infinitamente dello scrittore, è il suo modo di comprendere le donne: come se avesse passato davvero molto tempo a cercare di capirle, a interpretarne il respiro, i pensieri, le paure, il modo di sentire la vita. Sa farci sentire degli esseri importanti, portatori di segreti. Unici e speciali.
La memoria delle donne non è situata nella testa, ma nel corpo, dappertutto. Anima e corpo in una donna sono più uniti, e ogni parte del corpo ricorda, soprattutto quando ha perso la mano che l'accarezzava, le braccia che la sollevavano, le labbra che la baciavano 
 L'amore è fatto di carne. L'uomo desidera la donna e la risveglia: lei si sente voluta, amata. Quando un uomo tocca una donna ci tocca l'anima. Non tutti gli uomini arrivano a sentire l'anima sotto le dita, alcuni vastasi si fermano alla scorza. Una carezza sulla pelle di una donna è capace di allisciarci l'anima, uno schiaffo di frantumarla... 
Attribuisce all'anima femminile una specie di memoria tattile, una sensibilità spiccata, quasi una capacità più grande di credere nell'amore e nelle parole. E' riuscito davvero a giungere al nucleo, senza esprimersi con quelle frasi fatte che alle donne fanno sempre piacere, ma son ricalcate, copiate. Cliché. Non si è fermato all'involucro; l'ha spazzato via per analizzare il cuore, la sostanza di un universo completamente diverso da quello maschile, che di solito si fatica a comprendere.
Passando ai personaggi, hanno ognuno un'umanità diversa e qualcosa in fondo all'anima con cui non hanno ancora fatto pace. Il professore, ad esempio, così netto e risoluto nel leggere i suoi libri e consigliare gli alunni, manifesta gravi disagi ad agire in senso pratico; sia quando gli viene chiesto aiuto, sia quando Stella, la sua ragazza, gli chiede di fare un passo avanti con la loro relazione. Quell'uomo zeppo di frasi, non ne trova mai una per dire si ed assumersi responsabilità serie. Eppure non si tratta di una storia che fatica ad andare avanti; i due sono ancora carichi di sentimento e scaldano il cuore: hanno addirittura un mondo proprio, un modo tutto loro di comunicare, fatto di titoli, di aforismi. Si farciscono a vicenda le vite di magia.
Margherita invece, ha una sfida personale da affrontare: cercare di superare in ogni modo la "perdita" del padre e se non ci riesce, trovare un modo per riportarlo indietro. E poi c'è Giulio: un ragazzo reso spigoloso dalla mancanza di affetti veri; eppure così sicuro di sé, così forte da poter affrontare tutto... tranne lo sguardo disarmante della fragilità di Margherita. Un possente guerriero preso in trappola da una piccola lucciola incerta. E' un momento magico quello dell'incontro; semplice eppure descritto ad arte. Perciò non ve lo riporto, perché se vi rovinassi la sorpresa perdereste il gusto di leggerlo.
Infine c'è la storia della mamma di Margherita. Quella di nonna Teresa (componente importante della vita della ragazzina) e di suo marito Pietro, a cui mancano  dei tasselli, che parla di una casa gialla in cui la nipotina vorrebbe tornare e di nostalgia ... o forse di dolore. 
E' un romanzo dalla trama ben tracciata e complessa, in cui intorno ai due protagonisti ruota tutto un mondo di vicende, fallimenti, amori. 
Più che una narrazione di assoluzione, come è stata definita da tutti (che mi sa un po' di rassegnazione/autocommiserazione: mi perdono tutto e basta...evviva), oserei dire che si tratta più di un romanzo sulla reazione; sul coraggio, sull'imparare a cadere e rialzarsi senza crogiolarsi nel dolore, senza lasciarsi distruggere da esso. 
Forse alcune ferite non si chiuderanno, ma il destino di alcune ferite è rimanere aperte proprio per non abituarcisi, proprio per non consentire mai alle maschere dell'abitudine, della noia, del disamore di aderire alla carne viva.
Parla di una delle lezioni più importanti della vita: imparare ad aprire le porte dell'anima a ciò che ci salva; permettere di entrare perlomeno a quei pochi che, quando siamo rotti, ci amano lo stesso ed hanno il coraggio di rimboccarsi le maniche ed aggiustarci. C'è la lotta per i sogni, che non vanno abbandonati solo perché difficili.
Un altro fattore da valutare e che spesso si dà per scontato ma non è così, è l'emozione: man mano che mi avvicinavo alla fine, crescevano l'entusiasmo, le palpitazioni, la tensione. Il finale risolutivo, chiuso, in cui tutti i nodi vengono al pettine, è proprio ciò che ti tiene incollato da metà libro in poi, che ti fa sentire l'adrenalina della lettura. Io, personalmente, ogni volta che riesco a provare questa strana frenesia, mando un grazie in cielo. Questo febbrile attaccamento a un libro, morboso fino al completamento della lettura, mi riporta sempre il ricordo di me da bambina, che anche se dovevo andare a scuola il giorno dopo, facevo le tre e mezza leggendo Harry Potter, perché se lasciavo perdere all'ultimo nemmeno riuscivo a dormire. I libri degni di essere letti, sono proprio quelli che ti catapultano in un mondo frenetico, dove si scatena una febbre selvaggia, una fame di sapere, che ti tira pagina per pagina a raggiungere il finale della storia.
Poi non c'è altro da aggiungere... sublime. Punto.

Nessun commento:

Posta un commento